Per organizzare in maniera intelligente uno spazio bisogna, ovviamente, averne un’esatta percezione per saper «vedere» a priori l’adeguata suddivisione in zone a diversa destinazione funzionale, così come per saper «immaginare» la capienza dei relativi elementi d’arredo. E questa non è un’annotazione superflua, così scontata come sembra.

Anche se, da sempre, è la «padrona di casa» ad occuparsi dell’allestimento della nuova abitazione, ed anche se, più recentemente, la massiccia diffusione delle riviste d’arredamento prima e di internet poi, l’ha maggiormente abituata a vedere tante possibili soluzioni, nondimeno l’operazione rimane ardua, al momento di tradurre il pensiero in pratica, e complicata, soprattutto oggi, dalla necessità di far corrispondere esigenze sempre più complesse ed articolate a spazi sempre più ridotti. Ecco perché, negli ultimi tempi, si è tanto ampiamente diffusa la figura dell’architetto arredatore, visto un po’ come colui che è capace di «cavar sangue da una rapa». Ovvero di compiere il miracolo di far stare armoniosamente insieme una famiglia con magari 4 rampolli, un cane e varie suppellettili, in uno spazio (corredato di tutto il necessario) destinato, in altri tempi, a solaio, o a locali per la servitù, o altro. Il servizio dell’architetto, però, ha il difetto d’avere un suo costo (come tutti i servizi) e non sempre una famiglia che deve «pigiarsi», coi suoi 4 rampolli, cane e suppellettili, in una specie di «bugigattolo», ha particolare voglia di spendere una cifra (sia pure, come abbiamo visto, quantificabile) che potrebbe meglio concretizzarsi in una cucina più attrezzata o in un soggiorno più completo. Ecco perché in molti si rivolgono a noi professionisti dell’arredo, perché in tal modo sanno di poter avere a basso costo un servizio di altissima qualità che, oltretutto, consente anche di effettuare un acquisto sicuramente ben ponderato. Comunque sia, c’è anche chi magari non ha problemi di spesa, ed ugualmente preferirebbe non delegare sempre ad altri la definizione del suo spazio privato, con i possibili inconvenienti di spaesamento e di non-riscontro della propria personalità. L’ideale per molti sarebbe insomma poter «rubare» all’architetto il segreto del suo mestiere. Ed è proprio quello che cercheremo di fare, insieme, in queste pagine.

Per un articolazione più complessa e problematica, come, per esempio, quella che ci si potrebbe poter trovare ad affrontare a proposito di interventi di una certa entità (interessanti anche la struttura), questo “manuale” non può essere altro che una guida che vi permetterà di rivolgervi, con competenza e idee chiare, ad un bravo professionista.

Lo facciamo partendo proprio dall’inizio e domandandosi: come si legge la pianta?

Partiamo da una considerazione preliminare: un’organizzazione intelligente degli spazi è frutto di uno studio attento su tutte le sue possibili componenti (involucro, persone, oggetti, ma anche azioni) e i loro reciproci rapporti, considerati in una «visione» (progetto) globale, sviluppabile in molteplici e diverse alternative, fra le quali viene poi scelta quella ritenuta migliore. Svolgere questo tipo di studio a livello «tridimensionale», ovvero sul luogo, è impossibile: anche nella condizione «ideale» (ma irreale) di possedere solo l’involucro perimetrale, abbattuti tutti i diaframmi interni (per cui si possa definire, per ogni zona funzionale, un adeguato spazio corrispondente), resterebbe l’insormontabile difficoltà di provare a riempire queste zone con tutti gli elementi necessari, spostando e sostituendo continuamente le loro posizioni, fino a trovare la distribuzione più razionale e confacente alle nostre esigenze. Si è satireggiato abbastanza sulla classica figura della moglie che, ad ogni stagione, presa da smanie di cambiamenti, costringe il povero marito all’immane fatica di rimuovere pesanti armadi e divani dai loro posti, per trovarne una più adeguata collocazione! Se poi questo spazio addirittura non esiste ancora, ma è da costruire, bisognerebbe «giocare» sull’immaginario! Molto più semplicemente è importante impratichirsi, dunque, sulla raffigurazione di questo spazio su carta o su pc: ovvero sulla famosa «pianta», e su questa, poi, condurre tutti gli studi del caso, disegnando e cancellando con facilità locali e associazioni di oggetti, provando e riprovando, fino a raggiungere il proprio «optimum ». E “impratichirsi” è proprio la parola giusta, perché è piuttosto difficile, per chi non abbia condotto studi appositi, riuscire a tradurre automaticamente un ambiente «tridimensionale», in un equivalente segno grafico e, soprattutto, a farlo in proporzione, in modo da mantenerne intatte tutte le caratteristiche. Impratichirsi richiede di procedere con ordine, passo dopo passo: inutile tentare subito di schizzare arredamenti in pianta prima ancora di aver imparato a «leggere» una pianta (un errore frequente, in questo caso, è quello di considerare gli ambienti più grandi di quello che sono in realtà, e quindi di stiparli con una quantità tale di mobili – quasi sempre disegnati come «formichine» – che nemmeno la metà entrerebbe in quello spazio). Dunque, il primo passo è proprio quello di imparare a leggere una pianta; cominciando con una pianta già data potremo vedere poi come prendere le misure, ridisegnare o disegnare ex novo la pianta e come organizzare in pianta le funzioni e gli arredi. Ci si può aprire un mondo insomma.

Prendiamo il caso più comune, ovvero la pianta fornita dall’amministrazione dello stabile in cui si trova il nostro appartamento. Generalmente questa pianta è in «scala» (ovvero in rapporto preciso con l’ambiente reale) di 1:100 (si legge «uno a cento»): vale a dire che ogni misura reale è stata divisa per 100, quindi, per es., un muro lungo un metro (che equivale a 100 centimetri) in questa scala risulterà lungo 1 centimetro, e così via. La «scala» è lo strumento, importantissimo, per poter mette re in relazione fra loro i vari elementi che concorrono alla definizione di un ambiente : non si può, ovviamente, disegnare una sedia in scala 1:20 (cioè, con misura reale divisa per 20) in un locale in scala 1:100 (e l’errore balzerebbe subito agli occhi, perché questa sedia sembrerebbe un elefante in una scatolina di fiammiferi). Per cui, la prima cosa da verificare, in una pianta dove manchi ogni indicazione, è proprio la «scala». E farlo è relativamente semplice : basta misurare le dimensioni di” alcuni elementi standard sempre riportati, quali porte, sanitari e scale e accertarne la riduzione (le porte hanno generalmente un’apertura di 80 cm., quindi in scala 1:100 devono equivalere a un segno di 8 mm. ; W.C. e bidet sono sempre sui 35×60 cm. , per cui corrisponderanno a 3,5×6 mm.; la vasca è normalmente 70×170 cm. , dunque saranno 7×17 mm.; e così via, fino alle scale, dove la «pedata», ovvero il piano di calpestio, è larga dai 27 ai 30 cm. , ridotti pertanto a 3 mm. circa). Se le misure che riscontriamo non corrispondono a quelle qui indicate, la pianta è disegnata in un’altra scala, come ad aesempio 1:200, la scala fornita dal Catasto urbano. Per capire quale può essere, si deve semplicemente dividere le misure reali sopra riportate per quelle equivalenti sul disegno: la cifra risultante, con una certa approssimazione, è quella che indica il rapporto, ovvero la scala (ad es.: la solita vasca 70×170 misura, sulla pianta, cm. 1,4×3,4; dividendo 70 per 1,4 e 170 per 3,4 si ottiene sempre 50, dunque la scala in questo caso è di 1:50). A conoscenza della scala esatta, si può procedere alla misurazione, in pianta, dei locali, tenendo presente, però, che in rapporti così ridotti il risultato sarà sempre impreciso e andrà quindi verificato in luogo.

Di pari passo, sempre in pianta, è importante imparare a riconoscere alcuni elementi fondamentali: a) tipo di struttura di cui è composto l’appartamento

  1. muri portanti, che saranno segnati con maggiore spessore rispetto agli altri ; oppure a pilastri , disegnati come quadratini isolati o appena sporgenti dal profilo dei muri
  2. pareti interessate dalle canalizzazioni verticali di bagni, cucina, riscaldamento (solitamente questi muri, in corrispondenza dei tubi, non sono anneriti in pianta, ma lasciano proprio un quadratino bianco)
  3. senso di apertura dei serramenti e delle porte
  4. orientamento dell’appartamento (il cui simbolo è quel cerchiolino con freccia indicante il Nord; se non è segnato, si può ricavare l’orientamento individuando la posizione dell’appartamento nello stabile e verificando a che ore il sole batte sulla facciata: mattina-est, mezzogiorno-sud, pomeriggio- ovest). Nell’esempio di pianta che riportiamo qui sotto si possono leggere, oltre agli elementi messi in rilievo, il tipo di struttura (a muri portanti perimetrali e pilastri) e l’apertura delle porte.

Una volta riconosciuti tutti questi elementi saremo in grado di individuare con una giusta approssimazione tutti gli elementi strutturali della casa in questione e le sue relative misure.

A quel punto saremo in grado di immaginare con molta precisione quelli che saranno gli arredi che potrebbero essere inseriti in progetto, magari riportando la pianta che abbiamo a disposizione, in scala 1:20 o 1:25, che sono le due scale che si utilizzano in arredamento.